Spostati, Oppenheimer: dovresti guardare Asteroid City con Barbie.

È l’estate di Barbenheimer, ovvero il double bill più caldo del cinema. Si tratta di Oppenheimer, il biopic di Christopher Nolan sul padre della bomba atomica, e di Barbie, un blockbuster audace e dai toni rosa di Greta Gerwig, da vedere uno dietro l’altro. Molti hanno sostenuto che questa coppia costituisce un’accoppiata improbabile ma appropriata: opposti polari con temi condivisi sorprendenti.

Ma c’è un altro film che è arrivato al cinema quest’estate, che fa un’accoppiata ancora migliore con Barbie: Asteroid City di Wes Anderson. Partiamo da un livello superficiale: entrambi i film hanno stili visivi distintivi, con colori vivaci e disegni di produzione intricati e vibranti, che vengono utilizzati per indicare insediamenti isolati dal mondo circostante.

Nel film di Anderson, si tratta di Asteroid City, una remota città del deserto con una popolazione di 87 abitanti, inondata da un gruppo di “giovani astronomi e cadetti spaziali” per una convention di astronomia. In Barbie, è Barbie Land, un gruppo utopico di Case dei Sogni dove ogni Barbie sta vivendo la giornata migliore di sempre. Questo fino a quando la Barbie stereotipata (Margot Robbie) non inizia ad avere pensieri incontenibili di morte.

Nessuno di questi luoghi sembra reale, e sia Asteroid City che Barbie fanno i conti con la propria artificiosità. In Asteroid City, è attraverso il suo dispositivo di inquadratura narrativa – la storia di Augie, Woodrow e co. che stiamo guardando è in realtà un’opera teatrale, scritta da Conrad Earp (Edward Norton), e il ‘mondo reale’ è in bianco e nero, giustapposto al technicolor del deserto. “Asteroid City non esiste”, dice il conduttore televisivo di Bryan Cranston all’inizio del film, stabilendo fin da subito una linea confusa tra finzione e realtà. In Barbie, c’è il divario tra Barbie Land e il mondo reale, reso letterale dal viaggio di Barbie (e Ken) tra i due – in auto, barca, aereo, tandem, camper, motoslitta e pattini a rotelle.

Mentre Barbie pensa alla morte, il dolore è al centro di Asteroid City. Quando uno dei giovani astronomi, Woodrow Steenbeck, alias Brainiac (Jake Ryan), arriva in città con le sue tre sorelle minori e il loro padre, Augie (Jason Schwartzman), scopriamo subito che il fotografo di guerra appena vedovo non ha ancora detto ai suoi figli che la loro madre è morta, tre settimane dopo l’evento.

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Barbie

(Credito immagine: Warner Bros.)

Anche Barbie fa i conti con la propria mortalità. Verso la fine del film, si interroga sul suo futuro come bambola, esprimendo il desiderio di essere qualcosa di più di una semplice “idea” e riflettendo sul potenziale della vita come umana. “Gli esseri umani hanno una sola fine”, la avverte l’inventrice di Barbie Ruth Handler (Rhea Perlman). Lei accetta il suo destino, nonostante tutto.

Un futuro immaginario incombe anche su Asteroid City. Verso la fine del film, l’attore che interpreta Augie nell’opera teatrale si allontana dal palco a metà dello spettacolo, lamentandosi del fatto che non lo ‘capisce’ con il regista dell’opera. Uscendo per una pausa sigaretta, incontra un attore che si esibisce nel teatro accanto, anch’egli in procinto di fumare una sigaretta – interpretato, per coincidenza, da Robbie. Il personaggio di Robbie avrebbe dovuto interpretare la moglie defunta di Augie nella commedia, ma il ruolo è stato tagliato, e i due recitano le battute della loro scena insieme in un momento di disarmante tenerezza.

In entrambi i film, c’è una tristezza nel cuore dei loro protagonisti. “Tutto è collegato, ma niente funziona”, dice la scienziata di Tilda Swinton in Asteroid City, riferendosi alla sua attrezzatura, ma questa innocua linea di dialogo riassume entrambi i film. L’artificio è una forma di negazione e un modo di affrontare il lutto, che entrambi i personaggi devono lasciarsi alle spalle per andare avanti, sia che si tratti di Barbie che inizia una nuova vita nel mondo reale o di Augie che si allontana da Asteroid City.

A tenerle unite, però, sono i loro legami con gli altri: Barbie con l’umana Gloria (America Ferrera) e la sua figlia adolescente Sasha (Ariana Greenblatt), e Augie con l’attore riservato di serie A e il suo genitore junior stargazer Midge (Scarlett Johansson). Mentre la relazione tra Barbie e Gloria sopravvive al film, quella tra Augie e Midge no: lei lascia Asteroid City senza salutare, lasciandogli i dati di una casella postale come unico recapito.

Ciò che rimane ad Augie, quindi, alla fine, è suo figlio Woodrow. Come nel caso di Gloria e Sasha, un rapporto teso tra genitore e figlio viene sanato, lentamente e con attenzione, attraverso un’esperienza condivisa anormale: il ripristino dell’ordine in una società di bambole viventi e un incontro ravvicinato del terzo tipo, rispettivamente. Sebbene questi due film non abbiano molto in comune a prima vista, togliendo il sipario si scopre una tenerezza malinconica che è parte integrante di entrambi. E un numero musicale sorprendentemente accattivante.

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Frenk Rodriguez
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